DALLA GRECIA
Note preliminari per una relazione sul “movimento delle assemblee popolari”
Il movimento delle assemblee nelle piazze cominciò il 25 maggio ad Atene in modo del tutto inaspettato. Non era chiaro quale fosse il gruppo iniziale di persone che prese l’iniziativa di “postare” su Facebook una chiamata per un’assemblea a piazza Sintagma, per esprimere la loro indignazione e la rabbia contro le misure di austerità del governo. Sembra che alcuni simpatizzanti di un gruppo politico influenzato dalle recenti idee democratiche di Castoriadis siano coinvolti, insieme ad altri, in questa iniziativa.
Quella chiamata fu pubblicizzata favorevolmente dai mass media e durante i primi giorni sui media si faceva riferimento a un banner che si presume apparso durante le mobilitazioni spagnole: “Shhh, non gridiamo, sveglieremo i Greci” o qualcosa di simile.
Naturalmente nessuno poteva aspettarsi quello che è successo dopo.
La chiamata iniziale è stata una dichiarazione d’indipendenza e di separazione dai partiti politici, dalla delega e dalle ideologie.
Dichiarava anche la volontà di protestare pacificamente contro la gestione della crisi da parte dello stato e “tutti quelli che ci hanno portato a questo”. Ancora, il principale slogan era la richiesta di una “democrazia reale”. Questo è stato rapidamente rimpiazzato dallo slogan della “democrazia diretta”.
Lo sforzo iniziale degli organizzatori di porre una base di specifiche regole democratiche per l’assemblea fù respinta dai partecipanti. D’altronde alcune regole furono stabilite alcuni giorni dopo, riguardanti il tempo massimo degli interventi (90 secondi), il modo di sottoporre una mozione all’assemblea (in forma scritta, almeno 2 ore prima dell’inizio) e la modalità di scelta degli oratori (attraverso una lotteria). Bisogna anche dire che a lato dell’assemblea principale c’era abbondanza di discussioni, eventi vari e persino liti fra partecipanti.
Inizialmente c’era uno spirito comunardo nei primi sforzi di autorganizzare l’occupazione della piazza e ufficialmente i partiti politici non erano tollerati. D’altronde la sinistra, specialmente quelli provenienti da SYRIZA (Coalizione della Sinistra Radicale) è stata rapidamente coinvolta nell’assemblea a Sintagma, detenendo posizioni importanti nei gruppi formati per la gestione dell’occupazione della piazza e, in special modo, nel “gruppo di supporto di segretariato” e in quello responsabile delle “comunicazioni”. Questi due gruppi erano i più importanti perché detenevano l’organizzazione dell’agenda delle assemblee così come il flusso della discussione. Bisogna sottolineare che queste persone non dichiaravano apertamente le loro fedeltà politiche e apparivano come “individui”.
Comunque questi politicanti erano incapaci di manipolare un’assemblea così fluida ed eterogenea, vista la generale delegittimazione dei partiti politici. È molto difficile partecipare come individuo a questi gruppi poiché ci si deve confrontare con i meccanismi nascosti di partito della sinistra.
I cortei organizzati giornalmente diventarono molto grossi, esprimendo la completa delegittimazione del governo e del sistema politico in generale. Sabato 5/6 ci fù il corteo più massiccio con circa 500.000 partecipanti.
La composizione sociale della folla che sfilava in corteo ogni giorno comprendeva lavoratori, disoccupati, pensionati, studenti, e anche piccoli imprenditori e quadri intermedi, colpiti duramente dalla crisi. In questi cortei in piazza Sintagma c’era una divisione, sin dai primi giorni, fra quelli che stavano “su” (vicino al parlamento) e quelli che stavano giù (nella piazza vera e propria).
Nella prima categoria sono stati attivi alcuni nazionalisti e gruppi di estrema destra influenzando, fin dall’inizio, i più conservatori e i meno politicizzati che partecipavano alle dimostrazioni (sia proletariato sia piccoli imprenditori). È del tutto normale per molti di loro radunarsi davanti al Parlamento agitando la bandiera greca, fare il gesto della mano aperta contro i membri del parlamento gridando slogan populisti e nazionalisti come “traditori!” o “Ladri !” o addirittura cantare l’inno nazionale.
Tuttavia, il fatto che queste persone siano per lo più politicamente conservatori non implica necessariamente che siano più controllabili quando crescono i conflitti con la polizia o che debbano essere contati fra le fila dei gruppi organizzati di estrema destra. D’altra parte il secondo gruppo che costituisce l’assemblea è per lo più orientato verso la sinistra democratica (patriottica, antifascista, antiimperialista), come si può evincere dai comunicati votati, ed è di composizione proletaria (disoccupati, statali, studenti universitari, lavoratori del settore privato ecc.).
La sinistra ha tentato di organizzare una serie di dibattiti sulla “crisi del debito” e sulla “democrazia diretta” invitando personalità provenienti dall’intellighentzia di sinistra (ad esempio economisti come Lapavtsas) connessi a vari partiti di sinistra (soprattutto SYRIZA e ANTARSYA). L’organizzazione di questi eventi riproduce e rinforza la suddivisione fra “esperti” e “non esperti”; inoltre il contenuto delle relazioni di questi speakers è stato centrato su una politica alternativa ed una gestione economica di impronta capitalista della crisi.
Ad esempio la visione di fondo della questione del debito varia nelle proposte fra una “ristrutturazione del debito” e la cancellazione “della parte odiosa del debito” fino ad una immediata sospensione dei pagamenti da parte dello stato greco o addirittura l’uscita dalla comunità europea dall’euro. In ogni caso i contenuti politici espressi da questi eventi sono quelli di un percorso alternativo e patriottico per “lo sviluppo del paese” e la creazione di un vero stato socialdemocratico.. In altre parole cercano di dirigere la discussione verso un cammino alternativo ma riproducente le relazioni capitaliste in Grecia, che comprenderebbe un governo differente, in cui la sinistra assumerebbe il ruolo che le compete …
Da parte dei partecipanti alle assemblee sono venute critiche al ruolo preminente degli esperti sia sul concetto di debito sia sul problema logistico nazionale, ma sono state troppo deboli per modificare l’andamento globale della discussione. La proposta più popolare per una gestione a sinistra del debito nazionale è venuta dalla Commissione Audit Greca, che consiste in vari politicanti della sinistra, accademici e burocrati sindacali ed è a favore dell’idea della cancellazione della “parte odiosa del debito”, imitando il modello Ecuadoriano.
La presenza di questa commissione fu decisa in piazza nei primi giorni, contro le risoluzioni già votate che escludevano partiti politici e organizzazioni, con il pretesto che era una associazione di “cittadini” !
Alcuni di noi sono stati impegnati in una assemblea a tema (chiamata Gruppo Lavoratori e Disoccupati) formata dall’assemblea generale su problemi del lavoro. In cooperazione con altri compagni questa assemblea ha cercato di promuovere la pratica auto organizzata della proletaria “sospensione dei pagamenti”, dal basso, per il soddisfacimento diretto dei nostri bisogni.
Naturalmente la nostra proposta era completamente diversa dalla proposta della sinistra politica della “sospensione dei pagamenti del debito sovrano”. Sono stati organizzati alcuni interventi in uffici di collocamento indirizzati verso questo obiettivo, chiamando i disoccupati a unirsi al gruppo in Sintagma e tentando di iniziare discussioni con lo scopo di organizzare assemblee locali di disoccupati (questo scopo sfortunatamente non è stato raggiunto). Sono state organizzate anche 3 azioni dirette nella stazione della metro di piazza Sintagma, dove, in collaborazione con un collettivo già impegnato su questo problema, la cosiddetta coalizione dei comitati “io non pago”, furono bloccate le macchinette timbratrici dei biglietti (obliteratrici).
I militanti della sinistra partecipanti all’assemblea hanno cercato di limitare le attività alla richiesta politica della sinistra del “diritto al lavoro”, “pieno, decente e stabile per tutti”, ecc. senza alcun interesse reale di comunicare le loro esperienze di lotta(se ne avevano) e senza coinvolgersi in una azione diretta collettiva.
I risultati di questi confronti sono documentati nel comunicato che è stato prodotto e che è disponibile in rete a: http://real-democracy.gr/it/teamvotes/2011-06-09-testo-dellassemblea-dei-lavoratori-disoccupati . Ma il problema principale era altrove rispetto a noi, alcuni anti-autoritari e la sinistra, la partecipazione delle altre persone sia alle discussioni sia alle azioni era quasi inesistente, anche se le azioni che venivano organizzate erano state ratificate dall’assemblea generale.
Questo porta ad un’altra importante osservazione sull’assemblea di piazza Sintagma.
Nonostante che l’assemblea avesse preso in tutti quei giorni decisioni riguardanti l’organizzazione di azioni dirette, alla fine dei conti pochissime persone vi partecipavano effettivamente. Sembrava che il processo diretto democratico di votare in sé e per sé a favore o contro una specifica proposta tendesse a riprodurre passività e il ruolo dell’individuo spettatore/votante.
Questa passività e individualizzazione di una parte significativa di popolazione è stata superata in occasione del giorno di sciopero generale (15/6) quando il bisogno di lottare contro i tentativi dello stato di disperdere la manifestazione e rioccupare piazza Sintagma non solo portò in pratica alla partecipazione di migliaia ai conflitti con la polizia ma portò anche all’espressione di vera solidarietà fra i dimostranti; gli arrestati venivano sottratti ai poliziotti da altri dimostranti, la squadra medica aiutava chiunque fosse in pericolo per i lacrimogeni e i colpi brutali degli sbirri, una danza gioiosa di migliaia di persone in mezzo ai fumi dei lacrimogeni ecc.
D’altronde vi erano forze, come i mass-media, i partiti di sinistra e i fascisti, che cercarono di provocare scissione tra i dimostranti intorno alla questione della violenza e accusando alcuni violenti di essere istigati da agenti provocatori della polizia.
Quando i blocchi anarchico/antiautoritario e sindacale (di base) arrivarono a Sintagma e qualcuno dei compagni si spostò nell’area di fronte al parlamento, un gruppo fascista utilizzò a pretesto il lancio di 2-3 molotov da parte di qualcuno per gridare ai manifestanti attraverso i megafoni che i “kukuloforoi” (persone con il passamontagna) erano poliziotti travestiti che avrebbero dovuto essere isolati. Questo gruppo cominciò ad attaccare gli anarchici/antiautoritari e cercò di coinvolgere nell’attacco altri dimostranti, attacco comunque respinto con successo.
I media sfruttarono questo incidente per ritrarlo come un attacco degli anarchici contro gli “indignati” (così sono chiamati i dimostranti di Sintagma), allo scopo di promuovere la separazione fra manifestanti violenti e manifestanti pacifici all’interno del movimento. Il video dell’incidente è stato trasmesso e ritrasmesso tutto il giorno. Però, a livello politico di piazza, questo tentativo è stato del tutto senza successo perché quando la polizia fece la carica aveva di fronte una folla del tutto eterogenea.
A lato dei media, i partiti della sinistra cercarono di appoggiare la tesi della separazione fra violenti e pacifici attraverso la loro “provocatorologia” e accuse continue e propaganda contro il blocco anarchico / antiautoritario. I loro scopi erano del tutto differenti: volevano che il movimento rimanesse pacifico e nei limiti della legalità, in modo da poterlo capitalizzare politicamente, nei loro sogni futuri, per partecipare in un futuro governo di sinistra con lo sviluppo della loro alternativa capitalista greca.
Dovremmo aggiungere che il Gruppo Lavoratori e Disoccupati di piazza Syntagma, a cui noi partecipavamo, propose una mozione che condannava la provocatorologia e le false divisioni all’interno del movimento ma il testo non venne approvato come soggetto di discussione. Questo era il risultato degli interventi dei militanti della sinistra e della loro manipolazione, combinato con il debole supporto degli altri partecipanti.
Comunque sono stati espressi molti punti di vista diversi sulla questione della “provocatorologia” ed anche sul “carattere pacifico o violento del nostro movimento”. Il carattere contraddittorio e dinamico dell’assemblea è stato delineato da alcune delle decisioni dell’assemblea avvenuta due giorni prima dello sciopero generale di 48 ore del 28-29 giugno.
Gli attivisti di sinistra cercarono di far votare un appello alla polizia per “mostrare rispetto verso la volontà popolare e il diritto costituzionale della sovranità popolare [..] e di non impedire al popolo di proteggere la sua propria costituzione”! Allo stesso tempo, presentavano un’altra risoluzione che condannava “ i professionisti della violenza che servono il sistema e non il movimento”, riversando la teoria della sinistra della provocatorologia su coloro che non erano d’accordo con l’idea dell’obbedienza a “legge e ordine”. Al contrario, un giorno dopo, in un’altra votazione, l’assemblea votò a favore di “quelli che si scontrano con le forze di repressione.
Nessuno con un microfono dovrebbe parlare contro di loro” Nello stesso giorno, fù disapprovata la proposta per “condannare ogni tipo di violenza durante lo sciopero generale di 48 ore”.
Bisogna sottolineare che fino ad ora il “movimento delle piazze” era stato molto efficace nel senso che tendeva ad allargare il campo dell’opposizione al governo, qualcosa che gli scioperi generali tradizionali e gli scioperi isolati di settore non erano riusciti a fare. Obbligò lo sputtanato GSEE a indire uno sciopero di 24 ore per il 15 giugno e uno sciopero di 48 ore mentre stava per essere votato il secondo “memorandum” e molti lavoratori colsero l’opportunità di partecipare alla dimostrazione dalla mattina fino a sera.
Anche se non cercarono dei cancellare la votazione del memorandum, ciò non di meno tentarono di creare una crisi profonda, sia di governo sia politica. Mai prima, neppure durante i disordini del dicembre 2008, il sistema politico rappresentativo fu così delegittimato senza speranza. Comunque gli attivisti di sinistra tentarono di preservare il ruolo di mediazione dei sindacati – almeno dal punto di vista ideologico – mediante un manifesto comune che invitava allo sciopero generale di 48 ore.
Una prima osservazione riguardo questo sciopero è che non è possibile fare una stima accurata delle persone che hanno partecipato a questi eventi durante i due giorni. C’era un continuo flusso e riflusso di persone da e per i terreni di scontro nel centro di Atene (ad esempio piazza Syntagma e le strade adiacenti) e il numero dei partecipanti variava fra le poche migliaia e le probabili 100.000 persone.
E la partecipazione allo sciopero, al corteo e agli scontri era più bassa il primo giorno che il secondo: il numero di dimostranti a Syntagma martedì 28 giugno non superava i 20.000. In entrambi i giorni ebbero luogo forti scontri fra dimostranti e polizia anti sommossa in gran parte del centro intorno a piazza Syntagma. Migliaia di candelotti lacrimogeni sono stati sparati dalla celere creando un’atmosfera tossica e soffocante. Di certo, il secondo giorno, la mobilitazione fu più intensa e di massa. Secondo i portavoce della polizia sono stati feriti 131 agenti, arrestate 75 persone e denunciate 38.
Secondo la squadra medica di Syntagma più di 700 persone hanno ricevuto cure nei punti di pronto soccorso improvvisati nella piazza e dentro la stazione della metro e circa 100 sono stati portati in ospedale. Ci sono stati danni a banche, ministeri, alberghi di lusso, l’ufficio postale di Syntagma e qualche negozio e ristorante.
Non c’è dubbio che l’obiettivo iniziale del governo era di sgombrare la piazza, spaventando e disperdendo i dimostranti. Però la posizione tenace e vivace dei partecipanti era perfettamente espressa dallo slogan “Noi non vogliamo lasciare la piazza”. Di conseguenza il confronto con le forze dell’ordine, sia sul piano fisico sia sul piano dialettico, era pressoché continuo. Nel primo giorno molta gente veniva spinta indietro nelle strade che circondano la piazza, dando luogo a battaglie brevi o lunghe, fino a quando la polizia creò un cordone intorno alla piazza, in modo da impedire a chiunque di entrare.
Nonostante questo, poche centinaia rimasero in piazza fino a notte tarda.
Nel secondo giorno, lontano dal raduno di Syntagma, c’erano stati sforzi per fare barricate nella prima mattinata per prevenire l’entrata dei deputati dentro il parlamento. Questo piano era stato votato sia dall’assemblea di Syntagma sia dalle altre assemblee formatesi nei quartieri intorno al centro. Sfortunatamente solo poche centinaia di dimostranti hanno partecipato a queste barricate che sono state subito attaccate in forze, spinte via e velocemente disperse dalla polizia.
Così il piano per impedire ai politici di entrare in parlamento non funzionò. Nel caso della barricata di via Vasileos Konstantinou i dimostranti furono respinti in strade adiacenti dove eressero altre barricate e dopo poche ore e alcuni confronti “morbidi” con la celere iniziarono un lungo corteo che passò attraverso le zone turistiche del centro per raggiungere finalmente il corteo principale a Syntagma. Bisogna precisare che l’organizzazione delle barricate fu del tutto inefficiente dal momento che le organizzazioni della sinistra, che giocavano un ruolo importante attraverso il loro controllo dei principali gruppi dell’assemblea di Syntagma, non fecero niente per assicurare una partecipazione di massa e un vero confronto con la polizia.
Naturalmente l’attitudine della sinistra non è una scusante per l’assemblea stessa di rendere effettive le sue decisioni e per la passività di gran parte dei suoi partecipanti.
Dal momento che gli scontri avevano a che fare con la zona del parlamento, scene simili a quelle del primo giorno ebbero luogo anche nel secondo ma era molto più difficile per la polizia raggiungere i suoi obiettivi. Migliaia di dimostranti parteciparono agli scontri del secondo giorno. La maggioranza si era preparata alla battaglia indossando maschere antigas e altri improvvisati equipaggiamenti di difesa; molti portavano soluzioni antiacide mentre altri erano completamente attrezzati per scontri con la celere. In molti casi c’era una zona del fronte dove si sviluppava la battaglia e una zona di retroguardia dove le persone gridavano gli slogan, dava aiuto a chi era in difficoltà e rifornivano la zona del fronte con nuove truppe.
Le “persone pacifiche” spalleggiavano quelli che si scontravano con la polizia; la presenza fisica di una grande folla era di per sé stessa un ostacolo alle manovre dei reparti di celere. Manifestanti bloccarono un gruppo di motociclisti degli infami raparti di polizia “DIAS” e “DELTA” stando in piedi di fronte a loro mentre si stavano preparando ad una carica. I “pacifici” manifestanti non avevano paura degli scontri e solo gli attacchi continui e violenti della celere e i reparti motociclisti li forzarono ad abbandonare le strade intorno a Syntagma. Contrariamente a quel che avevano sperato in molti nei giorni precedenti e in special modo per gli scontri del 28 giugno, gli scontri non spaventarono la gente ma in un certo modo furono lo sfogo di una rabbia accumulata contro un governo largamente delegittimato, contro la brutalità della polizia e il peggioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice.
In quel giorno in particolare riapparvero nelle strade di Atene gli insorgenti del dicembre 2008 (anarchici, antiautoritari, studenti, ultras, giovani proletari precari) fianco a fianco ad una parte importante della più rispettabile e stabile classe lavoratrice e tutti protestavano contro le misure di austerità scontrandosi con la polizia. Dopo il 5 maggio 2010 era la prima volta che succedeva una cosa del genere.
Lo sciopero generale di 48 ore aveva un’altra somiglianza con la ribellione di dicembre 2008: la giocosità. Molti degli slogan e dei canti contro il governo e i parlamentari erano basati su slogan e canti della cultura di borgata e durante gli scontri c’erano dei percussionisti che incitavano e incoraggiavano i manifestanti a resistere alle cariche.
In entrambi i giorni la polizia riuscì a sgombrare il centro solo a notte e solo pochi determinati rimasero in piazza tutta la notte.
Le teorie cospirative dei partiti della sinistra e dei media riguardo a provocatori e “bande para-statali” furono sconfitte nella pratica dalla partecipazione agli scontri di migliaia di dimostranti e dalla loro eterogeneità e provarono quanto era ridicola una simile propaganda su gruppi “specifici” sempre in giro a “creare caos”. Furono in molti a capire la necessità di lanciare pietre, appiccare fuochi e fare barricate nelle strade contro poliziotti armati, furiosi e senza regole che eseguivano gli ordini del capitale e dello stato.
Questo cambiamento fu anche il risultato del superamento del confronto (solitamente verbale) fra i “violenti” e i “non violenti” durate l’ultimo mese di mobilitazioni.
Molti non violenti, particolarmente quelli più anziani, capirono che dietro le “maschere” dei “provocatori” c’erano per lo più giovani pieni di rabbia.
In un caso una signora sessantenne parlava amichevolmente con un “mascherato” sedicenne sul “diritto di difendersi dai poliziotti” mentre nello stesso momento manifestanti “indignati” ben vestiti discutevano con i “rissosi” su questioni simili. In altri casi persone “non violente” con problemi respiratori (N.d.T.: gas lacrimogeni ) venivano assistiti da dimostranti “mascherati”, più attrezzati. La violenza era solo una delle opzioni nelle discussioni continue sul sociale e sul politico che emergevano da questa folla movimentata e giocavano un ruolo importante nel dare una forma alle mobilitazioni e alle tendenze contraddittorie di molti dimostranti.
Si potrebbe dire che quelle liti creavano una limitata sfera pubblica proletaria, dove la teoria e la pratica si confrontavano.
Un’altra caratteristica importante di quei giorni di rabbia è stata la combinazione di scontri e feste. Durante i combattimenti c’era musica dal vivo, persone che cantavano, e come riportato precedentemente, in alcuni casi percussionisti accompagnavano i contrattacchi contro le cariche della celere ! Nel pomeriggio del 28 ci fu un concerto nonostante gli scontri ed i gas lacrimogeni e i manifestanti ballavano mentre la polizia sparava in piazza i candelotti lacrimogeni.
Il 29 ci fu un’espropriazione di paste, torte e gelati da un caffè di una catena e questo diede un sapore dolce agli scontri anche se il gruppo che si occupava della logistica condannò il saccheggio attraverso gli altoparlanti, probabilmente dopo essere stato sgridato da alcuni organizzatori della sinistra. Più tardi nel pomeriggio un grosso gruppo composto per lo più di membri di SYRIZA tentò di impedire alla gente di accumulare pietre da usare contro possibili attacchi della polizia antisommossa, ma, non avendo proposte alternative per fronteggiare gli attacchi, presto rinunciò. Subito dopo l’equipaggiamento audio, microfoni e altoparlanti, con il pretesto che si potevano danneggiare. La scelta di togliere la voce alla mobilitazione in quel particolare momento, mentre ancora infuriavano scontri nei paraggi della piazza, era chiaramente diretta a minare la capacità difensiva della piazza.
Qualche minuto più tardi diversi reparti antisommossa fecero irruzione in piazza e in una manovra particolarmente violenta cercarono di disperdere la folla spingendola verso la stazione della metro. Solo alcune centinaia poterono poi tornare di nuovo ed ancora meno riuscirono a restare in piazza fino a tarda notte. Bisogna anche dire che il sentimento di rabbia contro i politici è realmente cresciuto. A parte gli scontri diffusi, la rabbia traspariva anche dalle condanne verbali che chiunque poteva ascoltare qui e là: “bisognerebbe bruciare il parlamento”, “dovremmo impiccarli”, “dovremmo armarci”, “dovremmo andare a casa dei MP”, ecc.
È da notare che molte di queste dichiarazioni provenivano da persone di una certa età. Un altro segnale rivelatore del montante senso di rabbia sono stati i diversi casi di “arresti” di poliziotti travestiti da parte di folle: la sera del 29 dimostranti catturarono un poliziotto in incognito nella stazione della metro di Syntagma cercando di tenerlo prigioniero, mentre militi della croce rossa intervenuti lo aiutarono a scappare (secondo alcuni, non aveva più la pistola mentre scappava …).
Per quanto riguarda il ruolo dei sindacati (GSEE-ADEDY), fatta eccezione per l’indizione dello sciopero di 48 ore, che era più o meno il risultato di una pressione della piazza, non hanno avuto in realtà un parte importante. I loro ranghi attrassero solo poche centinaia di persone e il secondo giorno, quando fu votato il nuovo pacchetto di leggi per l’austerità, il GSEE organizzò il suo corteo in tarda serata in un’altra piazza del centro (fu una breve passeggiata verso piazza Omonia, andando nella direzione opposta !)
Oltre a ciò, il 30 giugno, il GSEE, fedele alle sue teorie cospirative, emanò un comunicato stampa in cui condannava “le distruzioni e gli scontri preordinati fra persone incappucciate e la polizia che cooperavano contro i lavoratori e i dimostranti [..] il GSEE condanna ogni tipo di violenza di qualunque provenienza e chiede al governo di assumersi le proprie responsabilità …”. D’altra parte ADEDY prese una posizione più cauta: nei suoi comunicati stampa del 29 e del 30 condannò la “barbarie del governo” e “la brutalità della polizia” contro i dimostranti e indisse un corteo per il 30 giugno a Syntagma che non fu mai organizzato!
Alcuni punti di interesse generale riguardanti il movimento di opposizione alle misure di austerità più dure dai tempi della 2° guerra mondiale:
1) il nazionalismo è dominante (soprattutto nella forma populista), favorito sia dai variegati gruppi di estrema destra sia dalla sinistra e ultrasinistra. L’identità nazionale appare l’ultimo mitico rifugio quando tutto crolla, persino a molti proletari e piccolo-borghesi colpiti dalla crisi e non politicizzati. Dietro slogan come “straniero, governo in liquidazione” o “salvataggio del paese”, “sovranità nazionale” e “nuova costituzione” giace un sentimento profondo di paura e alienazione e la “comunità nazionale” sembra apparire come una magica soluzione. Gli interessi di classe vengono spesso espressi nel nazionalismo e l’espressione del razzismo produce un cocktail politico confuso ed esplosivo.
2) La manipolazione della assemblea principale di Syntagma da membri in incognito delle organizzazioni di sinistra era palese e sbarrava la strada al movimento verso una direzione di classe. E, grazie alla profonda crisi di legittimità del sistema politico rappresentativo, in generale hanno dovuto occultare le loro identità politiche e mantenere un equilibrio fra un discorso generale ed astratto su “autodeterminazione”, democrazia diretta”, “azione collettiva”, anti-razzismo”, “cambiamento sociale” ecc. da una parte ed un nazionalismo spinto, i comportamenti da assassini di alcuni individui appartenenti a gruppi dell’estrema destra, comunque partecipanti al movimento; tutto ciò con scarsi successi.
3) Una parte significativa del blocco antiautoritario così come una parte della sinistra (specialmente i marxisti-leninisti e la maggior parte dei sindacalisti del commercio) hanno preso le distanze dall’assemblea o le sono apertamente ostili: l’accusa ufficiale è principalmente la tolleranza mostrata verso i fascisti di fronte al parlamento o i membri dei gruppi di autodifesa dell’assemblea e per essere un corpo politico piccolo-borghese e riformista manipolato da alcuni partiti della sinistra. L’ultima accusa era di essere apolitico, ostile alla sinistra e al “movimento dei lavoratori organizzati e sindacalizzati”.
Una cosa è certa: questo movimento così fatuo e contraddittorio attrae l’attenzione di tutti i settori dello spettro politico ed è l’espressione della crisi di classe e della politica in genere. Nessun’altra lotta si è espressa in maniera più ambigua ed esplosiva negli ultimi decenni. Quel che l’intera politica trova destabilizzante in questo movimento assembleare è che la rabbia montante e l’indignazione proletaria (e piccolo-borghese) non viene più espressa attraverso i canali di mediazione dei partiti politici e dei sindacati. Così non è molto controllabile ed è potenzialmente pericoloso per il sistema rappresentativo partitico e sindacale in genere. Perciò il ruolo della provocatorologia è cruciale: serve come esorcismo, una diffamazione contro una crescente parte della popolazione che esiliare in una terra di nessuno di “attività parastatale” dovrebbe rendere inerte. Su un altro livello ilo carattere aperto e multiforme di questo movimento mette in primo piano la questione dell’autoorganizzazione delle lotte, anche se il contenuto di queste lotte rimane vago. Il dibattito pubblico sulla natura del debito è un problema spinoso perché può condurre ad un movimento di “rifiuto di pagare” da parte dello stato greco. ( una questione completamente3 al di là dell’orizzonte politico dei partiti, dei sindacati e della grande maggioranza della sinistra extraparlamentare, statalista com’è). Dopo la sanguinosa votazione del Programma di Medio Termine non è certa la direzione che prenderà il movimento assembleare in un’epoca in cui tutte le certezze sembrano andare all’aria.
TPTG
11/7/2011
Traduzione di C.C. a cura della Segreteria Internazionale USI Arti e Mestieri