LE INIZIATIVE DI LOTTA DEL 22 E 23 NOVEMBRE 2013
PADOVA: VENERDI’ 22 NOVEMBRE A PARTIRE DALLE ORE 15 PRESIDIO DAVANTI A INTERPORTO IN CORSO STATI UNITI. BOLOGNA: SABATO 23 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE A PARTIRE DALLE ORE 15,00 IN PIAZZA MAGGIORE
In questi ultimi anni migliaia di facchini, a partire dalle regioni del nord, hanno dato vita ad un formidabile movimento di lotta all’interno del settore della logistica, contro lo sfruttamento esercitato direttamente dalle associazioni padronali dei corrieri e da quelle della cosiddetta “cooperazione”.
Paghe da fame, orari infernali, ritmi forsennati, sistemi di controllo di tipo schiavistico, assenza di tutele sulla sicurezza, evasione contributiva e fiscale sono gli ingredienti che hanno consentito negli ultimi due decenni, profitti enormi e che hanno reso appetibile anche alle organizzazioni criminali mafiose alti livelli di infiltrazione. Ma, al di là delle infiltrazioni mafiose, le lotte dei lavoratori hanno messo in discussione il sistema delle cooperative come strumento di utilizzo della forza lavoro con alta flessibilità e senza diritti, coperto dalle centrali sindacali e attorno al quale ruotano anche gangli importanti di potere finanziario e politico che governano lo stato, regioni, province e città.
In un contesto di questo tipo, anche solo l’applicazione del CCNL Trasporto Merci e Logistica (firmato dalle centrali confederali) è risultato essere un fatto destrutturante che ha indotto i vari soggetti chiamati in causa a predisporre una controffensiva volta a criminalizzare il movimento di lotta e a cercare di indebolire quelle OO.SS che si sono messe al servizio dei lavoratori. In questo senso vanno lette le centinaia di denunce piovute nei confronti di lavoratori, attivisti sindacali e sociali che hanno portato avanti le centinaia di lotte dalla Lombardia al Veneto, dall’Emilia Romagna al Piemonte, al Lazio, Marche ecc.
In questo senso vanno letti i licenziamenti politici messi in atto contro lavoratori rei di volersi sganciare dai sindacati corrotti e di avere voluto costruire percorsi indipendenti di sindacalismo aut organizzato che vede in Si Cobas e Adl Cobas le due principali realtà presenti nella logistica, si è aggiunto anche Cobas Lavoro Privato nelle lotte della logistica bolognese.
Il processo in atto per le lotte del 2008 ad Origgio dove sono coinvolti 20 compagni. Le 55 denunce fatte a Padova contro altrettanti compagni per avere risposto ad una gravissima provocazione mafiosa nel magazzino MTN, le 179 denunce nei confronti dei lavoratori della Granarolo con minacce da parte del Questore di Bologna sul rischio di perdere il permesso di soggiorno. I licenziamenti messi in atto nel magazzino Despar a Padova, accompagnato da decine di provvedimenti disciplinari nei confronti di lavoratori iscritti ad ADL Cobas, con la motivazione della scarsa produttività.
Tutto questo, accompagnato da una incessante azione combinata tra OO.SS complici, istituzioni e padroni, stanno a significare che è in atto un pesantissimo tentativo di colpire un movimento di lotta e le OO.SS che lo rappresentano, che si è esteso, in intensità, in ampiezza, coscienza della propria forza e comincia a far paura al governo e ai padroni ( con la complicità attiva dei sindacati confederali).
Tutto questo accompagnato dagli interventi delle varie Commissioni di garanzia che vorrebbero dimostrare che la movimentazione di beni di prima necessità rientra nei servizi essenziali, per limitare il diritto di sciopero.
Questo movimento di lotta degli operai della logistica avviene in una fase di crisi economica che ha accentuato la disoccupazione e della povertà. La manifestazione del 19 ottobre a Roma ha visto in piazza le varie sezioni della forza lavoro, dai lavoratori in cassa integrazione ai precari, dai facchini della logistica ai lavoratori del pubblico impiego, dai giovani studenti a quelli in cerca di un posto di lavoro, una parte di quella moltitudine che non vede una soluzione ai loro problemi dalle politiche dei vari governi borghesi e che esprime una volontà di unificare i vari fronti di lotta senza cercare le scorciatoie fallimentari della politica parlamentare e delle finte opposizioni interne agli schieramenti borghesi. La lotta dei lavoratori della logistica fa paura alla borghesia perché è un esempio da imitare, perché ha espresso forme di resistenza sindacali importanti e sul piano politico ha unificato settori di lavoratori immigrati, che a loro volta, nelle lotte, hanno coinvolto, lavoratori precari, studenti e cercato un rapporto con le lotte degli altri settori del lavoro colpiti dalla crisi (vedi iniziativa a Napoli con i lavoratori della Fiat licenziati ed in cassa integrazione.
E’ necessario respingere tutte queste operazioni mirate a reprimere con le denunce, con le intimidazioni e i licenziamenti il movimento di lotta della logistica e mettere in moto processi di unificazione delle lotte che esistono oggi e che aumenteranno nel processo della crisi.
Per questi motivi, come Si Cobas, Adl Cobas e Cobas Lavoro Privato abbiamo deciso di convocare unitariamente due importanti manifestazioni a Padova e Bologna aperte a tutte quelle realtà sindacali e sociali che intendono costruire assieme una ampia risposta alle politiche della borghesia ed in particolare alle provocazioni in atto contro i lavoratori della logistica.
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Menzogne Cgil contro le lotte dei lavoratori della logistica
Su “Il Corriere dei Trasporti” ( http://edicolacdt.editorialetrasporti.it ) nr. 41 del 4/11/2013 alle pag. 17-19 c’è una intervista a Giulia Guida, Segretario nazionale Filt-Cgil, che tra le altre cose afferma: “.. sempre in riferimento al mondo delle cooperative, in molti territori i Cobas hanno bloccato il lavoro anche in maniera violenta, minacciando di non far proseguire il contratto di appalto. Alcuni nostri delegati, durante la trattativa per il contratto con Dhl a Milano, sono stati picchiati e sono state alzate le mani persino su delle nostre iscritte che tentavano di entrare al lavoro ….” (p. 18)
Il Si Cobas ha così risposto a “Il Corriere dei trasporti” e a Giulia Guida
Buona sera; abbiamo letto sul vostro settimanale l’intervista alla signora Guida. Noi facciamo parte (in misura rilevante) dei famigerati Cobas di cui parla la signora. Ebbene, riteniamo necessario esprimere la nostra valutazione sui temi affrontati con la vostra intervista e l’editoriale collegato. Vi inviamo un breve documento di analisi (breve nella misura in cui molti aspetti dei problemi non sono neppure toccati) in risposta a quanto dichiarato dalla signora Guida. Non ne pretendiamo l’intera pubblicazione, in forma di rettifica formale, anche se su certe affermazioni (violenza, aggressioni, botte ai lavoratori), siamo forse oltre la stessa diffamazione. Valutate voi, con buon senso, in modo da fornire un quadro il più possibile corrispondente alla realtà, soprattutto per quanto attiene la condizioni dei lavoratori e la negazione dei loro diritti. Confidiamo nella vostra serietà. Sarebbe gradito un riscontro alla presente.
Cordialmente. Ufficio stampa S.I. Cobas
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Lettera aperta al segretario nazionale della Filt-Cgil Giulia Guida
Milano, 13 novembre 2013.
Egregia signora segretario, abbiamo letto l’interessante intervista pubblicata sul n.41 del Corriere dei Trasporti. Si tratta di un’intervista a tutto tondo che fa vorrebbe fare il punto sulla complessa realtà del settore della logistica. L’intervista viene inquadrata, da parte del magazine, nell’ambito di una valutazione dello stato economico del settore, con le sue prospettive di sviluppo; con le criticità legate alla sua particolarità strutturale ed organizzativa; con, infine -ma non come tema di carattere secondario, data l’enfasi con cui viene posto l’argomento -, per la presenza di una “scottante questione lavorativa” che sta destabilizzando (stando all’editoriale) l’intero settore. Dalle parole del giornalista, su questo tema specifico, apprendiamo che il rinnovo contrattuale, testé concluso, non ha prodotto gli effetti sperati; che, da una parte, i lavoratori non vi hanno trovato le risposte che si aspettavano (??), rimanendo delusi al punto che la loro protesta si sarebbe mutata nell’irruzione nella sede di Confetra (sic); mentre sull’altro fronte, quello padronale, componenti di assoluto rilievo della filiera logistica (cooperative, artigiani, Assologistica), non hanno sottoscritto l’intesa,avviando invece un confronto con i sindacati di base. Fatta questa breve premessa di inquadramento, prendiamo in considerazione le sue valutazioni. Sorvoliamo sul suo commento all’episodio accaduto alla Confetra; sarà stata una“cosa bruttissima” come lei dice, ma temiamo che la “guerriglia”, e le sue tecniche, lo possano essere in modo ben più rilevante e crudo. Nello stesso tempo saremmo propensi a non prendere alla lettera l’auto designazione di rappresentanti dei lavoratori della logistica, proclamata impropriamente in quella sede, e che, presa alla lettera, le fornisce il destro per illustrare immaginifiche spiegazioni. E qui ne sentiamo delle belle! Apprendiamo, dalla sua analisi socio-politica, che il mondo della logistica nel suo complesso (dai corrieri, a tutto ciò che ruota attorno ai magazzini), “ormai da un anno”, sarebbe interessato da un’esplosione “di violenza sui luoghi di lavoro”, con una “forte presenza di Cobas e centri sociali”. Che le cooperative che operano nel settore da anni, hanno reclutato in maggioranza “dipendenti immigrati”. Che il problema non sono certo gli stranieri, ma il fatto che questi siano organizzati secondo “etnie complete”, convogliate in Italia da qualche Imam che li preleva dai loro paesi promettendogli casa e lavoro “seppur in condizioni precarie”. Precarietà che comporta turni massacranti ed anche nessun rispetto del contratto,quando c’è. Da queste condizioni “si è acceso un grosso focolaio”, con conflittualità esplicita nei confronti dei rappresentanti sindacali confederali, che pur hanno tentato di “far emergere” la precarietà con accordi mirati, senza però riuscire a far breccia tra i lavoratori perché fomentati dai Cobas. Quegli stessi Cobas che hanno imposto alle aziende la contrattazione bloccando il lavoro “anche in maniera violenta”, e “minacciando di non far proseguire l’appalto”, quando non hanno picchiato direttamente i “nostri delegati” (Cgil) o “alzato le mani su nostre iscritte che tentavano di entrare al lavoro”, come alla Dhl di Milano. Ma qual è la vostra linea di condotta? Qual è dunque il ruolo che vi assegnate come sindacati confederali in questo contesto? Qual è la vostra valutazione sul settore, sulle cooperative, sulle regole, sul mercato? Chiede a questo punto il giornalista Presto detto: quella di “continuare nella nostra azione politica, sindacale e contrattuale”, nel nostro ruolo “che è quello della mediazione”, auspicando che i problemi della concorrenza del mercato siano risolti dalla buona fede delle associazioni padronali, e che nelle cooperative vengano meno “le situazioni perverse, viziose e viziate”; il tutto magari grazie all’intervento della politica. Questo è dunque il suo pensiero sulla logistica (il corsivo virgolettato è per citazioni letterali. Ndr). Che dire? Forse disarmante sarebbe il termine giusto, ma la questione è troppo seria, tocca temi, concezioni politiche, pratiche sindacali, le vite stesse di decine di migliaia di proletari, per poterla risolvere con un atteggiamento di sufficienza nei confronti delle sue affermazioni. Un punto, nella sua analisi ci lascia, questo sì, disarmati e stupefatti: l’analisi della composizione della forza lavoro nelle cooperative della logistica, e l’accento posto alla questione delle etnie, quale origine di molti, se non tutti, i problemi.Cosa sono le “etnie complete”? Tralasciamo, per non essere eccessivamente irridenti, ogni considerazione sul ruolo degli Imam come procacciatori della forza lavoro per il mercato internazionale; lasciamo giudicare al riguardo i lettori della sua intervista, e speriamo che siano molti, compresi quelli delle “etnie complete” del nord Africa, e magari i loro Imam, qualora ne avessero. Ci soffermiamo invece sulle ragioni della composizione della quasi totalità degli operai della logistica in Italia e di cosa questa comporti nella realtà, lavorativa e di vita, di questi proletari. La ragione è semplice, e quasi banale: il settore assorbe quasi esclusivamente questi proletari immigrati perché il sistema di produzione vigente, ancora, nella attuale fase capitalistica, comporta che il profitto sia generato esclusivamente dallo sfruttamento della forza lavoro. E quale forza lavoro migliore per la bisogna dei proletari immigrati, soggetti al ricatto del permesso di soggiorno, in cerca di uno straccio di vita, purché sia? Se, come dicono gli studi citati nello stesso articolo, il settore soffre di mancanza di sviluppo nella componente organizzativa e tecnologica, la disponibilità infinita di una massa di lavoratori necessitati a subire sfruttamento, angherie, negazioni di diritti, compensa ampiamente il deficit, generando profitti di rilievo. Non ci meravigliamo che questo semplice ragionamento le sfugga, le ragioni sono fin troppo ovvie; come non ci meravigliamo del suo rammarico per il “grosso focolaio” che le condizioni di sfruttamento hanno prodotto nel settore. Vede, il “focolaio”, come la formazione dei Cobas in sempre più magazzini, deriva dal semplice fatto che questi proletari hanno capito che la condizione disumana che caratterizza la loro esistenza sul suolo italico, ha ragioni specifiche, responsabili evidenti, e non è il frutto né di una condanna divina (sulla quale magari avrebbero interpellato l’Imam), né é colpa del destino. Per cui hanno deciso di dire basta; di respingere soprusi, minacce, ricatti, atti di razzismo; di unirsi e combattere contro chi li sfrutta, nega i loro diritti, non li paga adeguatamente. I Cobas, questa entità a lei sconosciuta e per la quale mostra evidenti segni di timore, sono esattamente questo: l’autorganizzazione dei lavoratori contro il nemico di classe per la conquista di condizioni di lavoro e di vita degni di tale nome. Nessuna entità metafisica, ma la concreta forma di organizzazione della autonomia sindacale e, almeno in parte, politica dei lavoratori consapevoli della loro condizione. Detto questo, appaiono come evidenti fantasie, vaneggiamenti, mistificazioni, le affermazioni sulla violenza, sulle aggressioni, le minacce a delegati e/o operaie della Cgil. Ribellarsi, tramite scioperi e picchetti, contro lo sfruttamento dei padroni e la collusione dei sindacati, è un diritto, non un atto di violenza, come lei pensa! Del resto, ne siamo certi, se vi fossero stati episodi specifici, le forze dell’ordine sempre presenti in gran numero durante questi scioperi, sarebbero prontamente intervenute; ma questo non ci risulta, neppure per i presunti episodi che lei cita alla Dhl di Milano. Queste lotte hanno imposto alle controparti padronali di scendere a patti con i lavoratori ed aprire trattative. Concordiamo con lei, questo è esattamente il percorso che ha portato alla mancata firma del vostro contratto. Le ragioni dei lavoratori, insieme con la forza della loro unità, riescono persino là dove i vostri apparati, le vostre schiere di funzionari stipendiati, le vostre risorse finanziarie, i vostri appoggi politici, la vostra contiguità con i padroni, non riescono. Questo dato la sconcerta perché vi appare -come apparato sindacale e politico estraneo ed inconcepibile, e la ragione semplice sta nella politica sindacale di cui siete artefici da decenni: la politica delle compatibilità nei confronti del sistema capitalistico. Siete preoccupati perché vedete venir meno il vostro ruolo che, in modo abbastanza patetico, lei si affanna a riproporre: quello di mediatore. Ma, se i lavoratori vi sentono come nemici; se i padroni vi snobbano, una qualche ragione di riflessione dovreste pur averla. Invece lei recrimina sulla cattiveria del mercato, irrispettoso delle regole, e questo è veramente paradossale. Il mercato, nel sistema neoliberista, deve essere, per definizione, libero, svincolato da ogni limitazione, in quanto autoregolantesi. Le stesse “situazioni perverse, viziose e viziate” presenti nel mondo delle cooperative, che tanto sembrano turbarla, trovano ragione d’essere proprio in questo principio fondante di questo sistema economico e politico. Inutile recriminare, se si accetta e difende questo sistema, come fanno i vostri sindacati, si porta a casa tutto il pacchetto, vizi e perversioni compresi.Così è (anche se non le pare).
Sindacato Intercategoriale Cobas
PS. La informiamo che non è da un anno che il settore della logistica assiste ad un crescendo di lotte, bensì dal oramai lontano 2008; ma naturalmente di queste bagatelle lei non si è accorta; né avrebbe potuto, visto che non avete neppure fattole assemblee nei magazzini per spiegare la vostra piattaforma di rinnovo contrattuale (o per comunicare l’esito finale della trattativa).
Riportiamo il link al testo con l’intervista dal Corriere dei Trasporti n. 41/2013.
http://edicolacdt.editorialetrasporti.it
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SOLIDARIETÀ AGLI IMPUTATI PER LA LOTTA ALLA BENNET DI ORIGGIO
Lunedì 7 ottobre 2013 sono riprese presso il Tribunale di Busto Arsizio le udienze del processo che vede imputati 20 compagne e compagni del sindacalismo di base e del Coordinamento di sostegno, solidali con la lotta dei lavoratori delle cooperative in appalto ai magazzini Bennet di Origgio iniziata nel mese di luglio del 2008 e durata diversi mesi. Una dura lotta autorganizzata, risultata vincente, che ha conquistato un deciso miglioramento delle condizioni salariali e normative, che ha rotto l’onnipresente condizione di sfruttamento e schiavitù presente negli appalti della logistica, che ha costretto la cooperativa datrice di lavoro a reintegrare un operaio arbitrariamente licenziato per l’adesione al sindacalismo di base e che ha visto tutti i lavoratori riappropriarsi di quanto negli anni sottratto loro in termini di diritti, salario e sicurezza. Intendiamo denunciare l’essenza prettamente politica delle accuse contestate a un intero movimento di sostegno delle lotte dei lavoratori delle cooperative che, proprio a partire dalla lotta di Origgio del 2008, si è sviluppato e radicato nell’intero settore della logistica e della distribuzione italiano, confrontandosi con un sistema fondato su rapporti di lavoro schiavistici e di sfruttamento dove il caporalato (più o meno legale) disciplina in maniera fortemente autoritaria la manodopera impiegata.Non è un caso che le comunicazioni di rinvio a giudizio siano arrivate dopo tre anni e mezzo dagli scioperi di Origgio, proprio mentre si stavano diffondendo le lotte dei lavoratori nel settore della logistica (Esselunga, Ortomercato Milano, il Gigante, DHL), con accuse pretestuose per intimidire i lavoratori e i solidali. A ciò si aggiunge, durante le prime udienze del processo in corso, anche la costituzione di parte civile di Bennet, dell’Italtrans e delle cooperative appaltatrici con richieste di risarcimento del mancato guadagno durante gli scioperi, come monito e deterrente ulteriore per le lotte in corso.La logistica è divenuto un sistema sempre più centrale e strategico per l’economia italiana, nel quale l’accumulazione del profitto e la valorizzazione del capitale impiegato da committenti e appaltatori sono il risultato di ritmi di lavoro disumani, della pressoché totale assenza di sicurezza e dell’assoluta precarietà dei rapporti di lavoro.Ma è proprio in tale contesto che i lavoratori addetti hanno costruito un percorso autorganizzato nel quale si riconoscono quali protagonisti diretti per la rivendicazione dei propri diritti, nel quale l’unità e la solidarietà tra lavoratori, seppur di diversi poli e con differenti committenti, è perseguita e praticata nel riconoscersi parte attiva di una medesima classe.Ecco allora che le lotte degli operai della logistica, soprattutto se immigrati ricattati dalla necessità del Permesso di Soggiorno, assumono un valore strategico sia per tutti i lavoratori che per lo Stato, per i padroni, per le multinazionali che sullo sfruttamento intensivo di questa forza lavoro costruiscono le proprie strategie politiche ed economiche.Sono questi gli strumenti che, nell’attuale momento di acuta crisi strutturale del capitalismo, rivelano in tutta la sua brutalità l’aggressione di classe portata dal padronato: peggioramento delle condizioni di lavoro, ricatti, licenziamenti politici, pestaggi della polizia, violenza da parte di capi, capetti e caporali, fogli di via, uso strumentale e complice della Commissione di Garanzia per l’arbitraria estensione degli stringenti limiti imposti dalla legge sullo sciopero nei servizi essenziali (cd. legge antisciopero) anche alle operazioni di movimentazione merci. Come sempre, non si tratta affatto di una “tragedia inevitabile”, ma di una chiara e complessiva scelta strategica dei padroni e dello Stato per ottenere sempre più profitto e superare la crisi mantenendo intatti il loro potere e la loro ricchezza. Tutto ciò con l’esiziale connivenza dei sindacati concertativi (CGIL in testa) esemplificata, in tutta la sua dirompenza, nel recente accordo interconfederale sulla rappresentanza che regolamenterà, con una decisa stretta in senso autoritario, le procedure per la sottoscrizione dei contratti collettivi e la costituzione delle rappresentanze aziendali escludendo dalla formazione i sindacati non firmatari e le organizzazioni dissenzienti e prevedendo sanzioni per scioperi e azioni di contrasto agli accordi raggiunti. E’ quindi evidente che questa lotta, come le numerose altre che si sono succedute in questi anni, non potevano che determinare anche la reazione violenta di un padronato colpito nel proprio comando assoluto sulla forza lavoro. Risposta che non poteva peraltro ottenere che complicità, appoggio e sostegno dalle forze di polizia contro i lavoratori e contro chi pratica in maniera militante la solidarietà di classe. Rimaniamo convinti che, in una fase di crisi strutturale dell’economia capitalista, ogni conflitto sia da valorizzare e generalizzare per sviluppare un’alternativa reale alla società capitalista.
NO ALLE NUOVE SCHIAVITÙ
CONTRO IL RAZZISMO PADRONALE E DI STATO
CONTRO LA CRIMINALIZZAZIONE DI CHI LOTTA
CONTRO L’ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO
A SOSTEGNO DI TUTTE LE LOTTE DEI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE
LA SOLIDARIETÀ È UN’ARMA, USIAMOLA! PRESIDIO al TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO durante le udienze nei giorni:
lunedì 18 novembre ore 10,30/12,30 lunedì 2 dicembre ore 9,30/11,30 lunedì 16 dicembre ore 12
Adesioni: ASsemblea delle realtà di movimento della provincia di Varese; Coordinamento di sostegno alle lotte dei lavoratori delle cooperative; S.I. Cobas; La Sciloria; CSA Vittoria; CUB Reggio Emilia; Sin Base Genova; Confederazione Cobas Pisa; Cobas scuola Varese; Laboratorio Iskra Napoli; Coc – Comunisti per l’organizzazione di classe; Partito Comunista dei lavoratori; Collettivo Lanterna Rossa di Genova; Clash City Worker; Cobas Scuola Milano; CSA Dordoni di Cremona; Unione Sindacale Italiana USI – AIT; Federazione Anarchica Milanese-FAI; G.C.R.Gruppo Comunista Rivoluzionario; Centro Sociale La Forgia di Crema; Laboratorio Crash di Bologna; Libreria Calusca e Archivio Primo Moroni di Milano; A.L.Cobas-Cub Varese; ADL Varese, Coord. Prov.le Slai Cobas Milano, CUB Rail
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Sostieni i licenziati politici! Resistere al padrone costa! I licenziati politici costretti ad abbandonate la lotta perché privi di un salario, sono un punto a favore del padrone e dell o sfruttamento, non permetterlo. SOTTOSCRIVI ALLA CASSA DI RESISTENZA I versamenti possono essere effettuati, indicando la causale:
“cassa di resistenza”: • con bollettini postali sul ccp nr. 3046206
• con bonifici sul c/c IBAN IT13N0760101600000003046206
• con vaglia postale
tutti intestati a: Sindacato Intercategoriale Cobas, Via Marco Aurelio 31, 20127 Milano