Genova: uno sciopero così è da considerare una novità

Uno sciopero così, a oltranza, dichiarato senza preavviso e durato ben cinque giorni, è da considerarsi una novità. Una piacevole novità che però porta con sé delle anomalie che andrebbero approfondite.

E’ indiscutibile l’inadeguata gestione delle amministrazioni pubbliche, gestione fallimentare in tutti i sensi, dal punto di vista del fine, che è ciò che la popolazione deve pretendere ed ottenere (sanità, scuola, trasporti e servizi in genere di ottima qualità ed efficienza), a quello del mezzo (soldi), che chi lo amministra lo indirizzi a compimento del fine stesso. Questo non è mai stato, semplicemente perchè il fine non è il benessere di tutti, nessuno escluso, ma è il mantenimento del potere di far ciò che meglio si crede da parte di pochi a scapito di tutti e i mezzi per raggiungere quest’obiettivo sono la linfa di questo sistema. Business. Affari.

Tornando nello specifico lo sciopero comincia per la ventilata ipotesi di privatizzare il servizio e, legittimamente, i lavoratori si sono sentiti toccati sul vivo, hanno sentito minacciata la loro stabilità all’interno della logica del posto di lavoro garantito dallo stato. Quest’altro punto di vista rende poco chiara la determinazione del fine e del mezzo. Non posso negare che in AMT, così come in altri settori pubblici, ci sia una parte di lavoratori che hanno chiaro il concetto di fine pubblico e che per questo hanno un atteggiamento nello svolgere i propri incarichi che sfiora quello dei missionari.

Per fare un breve esempio due anni fa AMT decide di tagliare le corse verso le località collinari, dalle nove di sera niente più bus. Accorciamento delle linee cittadine così che per arrivare in centro dalla periferia bisogna cambiare mezzo più volte. A fronte del mantenimento delle condizioni di lavoro tutto questo è stato accettato dai lavoratori e da chi li rappresenta…”per noi non cambia niente?…allora va bene così…”. Dov’è finita la missione?

A questo giro i confederali e neo-confederali hanno assaggiato una resistenza, rispetto ai loro accordi firmati notte tempo in prefettura, che non si sono aspettati e hanno fatto ricorso alle loro classiche metodologie per ottenere il consenso dei lavoratori, confondendoli, disorientandoli, dividendoli. Si è creata una spaccatura che saluto ben volentieri e che spero possa ribaltare la situazione. Non è facile però quando i lavoratori stessi blindano le loro manifestazioni respingendo l’appoggio di chi si trova sempre in prima linea a difendere queste posizioni che sono anche le loro. Vero è che poche ore dopo l’approvazione dell’accordo solo alcuni studenti e qualche scappato di casa scende in strada a denunciare l’infamia dell’accordo che in fin dei conti prevede il mantenimento dei posti di lavoro; che sono spuntati dal cilindro del sindaco quattro milioni di euro e che saranno raddoppiati dall’intervento dell’highlander ed ex galeotto presidente della regione; che non dimentica l’esternalizzazione dei servizi collinari. Non è questa una privatizzazione?

Infine, a fronte delle proposte del governo nazionale che per fare cassa vuole vendere tutte le aziende pubbliche, a Genova qualche passo contro queste intenzioni è stato fatto e come da copione il pompiere confederale e riformista ha lasciato il segno.

Credo che definire il fine utilizzando il giusto mezzo sia la prima cosa da mettere in chiaro per ottenere qualcosa o per lo meno per provarci.

Andrea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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