In Carnia il fascismo demolì sul nascere un progetto sociale dalla valenza straordinaria: la Repubblica di Ampezzo, una terra libera e democratica che s’impose sul territorio nazista. La vicenda trattata in un video realizzato dalla NN media
Tre testimoni d’eccezione, raccontano uno degli episodi più significativi nella storia della nostra regione e d’Italia: la nascita, nella primavera del ’44, della Repubblica d’Ampezzo. Sono i partigiani Romano Marchetti, Domenico Del Bianco e Giancarlo Franceschinis che, nel video interamente realizzato da Dino Ariis, appassionato di storia locale, ricordano la coraggiosa costituzione nella Carnia nazifascista di una repubblica democratica.
Una conquista alla quale contribuirono, con pari dignità, tutti i partiti che poi fecero parte dell’arco costituzionale italiano: democristiano, comunista, liberale e d’azione, ma sostenuto da una gran parte di reduci dai vari fronti di guerra, cioè da una massa di giovani decisi a dare una svolta al proprio futuro, da fuoriusciti per le persecuzioni fasciste e da una parte consistente della popolazione civile ormai disperata dalla guerra. In Carnia vennero presa la decisione di non solo reagire in armi al nazifascismo, ma di gettare le basi per un ordinamento sociale diverso. Fu un miracolo che durò poche settimane, ma che bastarono a lasciare dei precedenti dai quali, la futura Costituzione Italiana, non poté prescindere: l’abolizione della pena di morte, il riconoscimento di pari opportunità alle donne che, considerate anch’esse capi famiglia, avevano il diritto al voto, partecipando, in quel caso, all’elezione dei sindaci così detti della “Resistenza”. Furono poi abolite, anche se in parte, le tasse, ma ripartite sulla base dei redditi superiori alle 200.000 lire annue. Urgente fu la costituzione del Tribunale del Popolo affidato, addirittura, all’allora presidente del tribunale di Tolmezzo che, diventato nemico del fascismo, appoggiò la causa partigiana. E ancora, nacquero la prime banche e assicurazioni cooperative per proteggere la popolazione dagli usurai e supportarla in caso di danni conseguenti a calamità. Così come in Carnia, in Italia ci furono altri tentativi di “autonomia” come in Val Dossola, o Monte Fiorino, eppure quello carnico fu il più significativo e pericoloso. Per ragioni geografiche, certo, la vicinanza con la Yugoslavia non era cosa da poco, per ragioni di forte coscienza etnica da parte delle minoranze, ma anche per una certa vocazione in questa terra alla democrazia. Da dove nasce? «La Carnia non è stata, come si pensa, una terra retrograda – spiega Dino Ariis, profondo conoscitore del territorio – essa era popolata da emigranti che, tornando dalle regioni della Mitteleuropa, portavano a casa idee di socialismo e rinnovamento sociale. Queste persone hanno dato corpo a un movimento straordinario che il fascismo, strumentalizzato dalle classi borghesi dirigenti, è riuscito a demolire. L’esperienza del cooperativismo nato in Carnia prima di ogni altra parte – continua Ariis – conferma la presenza di una mentalità rivoluzionaria. Esistevano in quei territori, per esempio, cooperative che producevano energia elettrica. La più grande fra queste fu smantellata dai fascisti che fecero nascere la Sade, sostituita in tempi recenti dall’Enel. Ma nella valle del But resiste ancora una piccola cooperativa, retaggio del passato». Ma se la Carnia oggi appare così arretrata, è solo colpa del fascismo? «Non dimentichiamo – ci spiega l’autore del documentario – che alla fine della guerra la maggior parte della popolazione “illuminata”, fu costretta ad emigrare. Questa emorragia lasciò alla subentrante democrazia cristiana un territorio debole e provato e con la sua interminabile politica clientelare, dunque, diede alla montagna il colpo finale».
Jacopo De Fieschi
Puoi vedere il filmato http://nn-media.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=2&Itemid=103
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