Nuova Zelanda, Sud Africa, Corea del Sud

Sciopero a Auckland

Nuova Zelanda i lavoratori portuali sono in sciopero, Auckland in Nuova Zelanda gli operai sono scesi in sciopero dai primi di marzo, con azioni di solidarietà diffusa e internazionale. Le ultime azioni hanno visto fino a 3.000 lavoratori in protesta per le strade di Auckland (con filiali internazionali presenti), e dei lavoratori australiani che rifiutano di scaricare le navi. Lo sciopero, è essenzialmente basato sulla precarietà – vale a dire, l’imposizione del capitalismo nella società e ancora di più sulla nostra vita. In nome della “flessibilità” e dell’ “efficienza” nei porti di Auckland, ossia “In un linguaggio semplice, i datori di lavoro sono alla ricerca di questo: che i lavoratori accedano al posto di lavoro come e quando richiesto, senza garanzia di lavoro subordinato”. Ora sappiamo tutti che quando i capi parlano di “flessibilità” e “efficienza” la sua ambiguità induce a pensare ai loro profitti, ciò significa per il lavoratore, un aumento del tempo di lavoro non retribuito – quella parte del nostro lavoro che va oltre ciò che è necessario in termini di salari, o in termini di ciò che noi, come lavoratori produciamo. Un aumento della produttività significa che i padroni ottengono di più con meno, invece, quello che i lavoratori portuali vogliono – come la maggior parte di noi – è quello di avere una vita. Una vita che non è dominata dal lavoro, al contrario di una vita in cui per sopravvivere bisogna vendere il proprio bene più grande – la nostra forza-lavoro.

Sud Africa: Uno sciopero amaro

Uno sciopero amaro quello in Rustenberg in Sud Africa, ma si è concluso comunque con una vittoria per i minatori di platino coinvolti. Lo sciopero è durato sei settimane e si è concluso il 5 marzo scorso. Duemila sono rimasti bloccati e senza lavoro, tuttavia, la militanza della lotta, dimostra che i lavoratori sudafricani si rivolgono sempre più a dirigere l’azione e ignorando sempre più le direzioni sindacali che stanno tentando di domare la forza lavoro.
La miniera di platino a Rustenberg è il più grande del mondo, il 12 gennaio gli operatori perforatori (RDOs) hanno rifiutato di lavorare , chiedono che la controversia sia risolta senza il coinvolgimento del Sindacato nazionale dei minatori (NUM). Il 18 dello stesso mese iniziano uno sciopero, ancora una volta chiedendo un aumento di stipendio e insistono a non volere nulla a che fare con il NUM il sindacato. Due giorni dopo i RDOs sciopero senza preavviso, la gestione delle miniere organizza un incontro tra il portavoce RDO e il comitato ramo NUM. La delegazione che rappresenta i RDOs uscirà dalla riunione ottenendo una decisione giuridica, accusati d’aver organizzato uno sciopero illegale. I RDOs che hanno preso parte allo sciopero sono stati licenziati, tutti i 17.000 lavoratori. Alla notizia sono scoppiate ribellioni popolari nealla città e la stazione di polizia è stato raso al suolo.
Il 19 febbraio oltre 7500 lavoratori sono stati richiamati al lavoro, ma il 20 febbraio riportiamo che la polizia ha attacca una marcia di 150 disoccupati, uccidendo un operaio e altri tre sono rimasti feriti.
Il giorno seguente il segretario generale del principale sindacato centrale, in Sud Africa, COSATU, ha invitato i lavoratori a tornare al lavoro ma suo malgrado è stato zittito, tuttavia ormai solo 8.368 lavoratori sono stati re-impiegati, non abbastanza e il 22 febbraio i manifestanti hanno dimostrato la loro rabbia sulla sala del consiglio della compagnia mineraria in questione, Impala Platinum, che è stata bruciata.
Il 5 di marzo quindici mila lavoratori sono stati richiamati al lavoro, ma secondo le vecchie condizioni, senza aumento di stipendio, come richiesto dagli scioperanti, quindi l’amarezza dello sciopero punta a lotte ancora da vedere per un Sud Africa con dei lavoratori che sanno lottare con le proprie forze e non basandosi su sindacati come COSATU e il NUM.

Corea del Sud. Arrestato attivista per la pace

Gli abitanti dei villaggi locali e attivisti hanno espresso preoccupazione per la distruzione ambientale dell’isola, forse non basta il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’UNESCO a smorzare le tensioni militari nella regione.
Le esplosioni hanno già colpito la costa dell’isola Gureombi per preparare la costruzione ma centinaia di manifestanti sono stati coinvolti in vari gruppi del sito. Ci sono rapporti sulla polizia locale riguardo al uso di tattiche aggressive contro i non-violenti manifestanti.
Abitanti dei villaggi locali sono stati impegnati in una battaglia lunga cinque anni per impedire la costruzione che minaccia la costa del paese e dei coralli della baia. 94% di isolani Jeju ha votato contro la sua costruzione e si sono mobilitati per opporsi ad essa. C’è stato il supporto per la loro posizione dal governatore locale e la polizia, ma si teme che il governo coreano è sotto un’enorme pressione dagli Stati Uniti per completare il progetto. Un famoso slogan utilizzato da coloro che stanno protestando contro la costruzione è “Non toccate una pietra, non un fiore”.
La base contribuirà alla crescente presenza militare statunitense nella regione, con la Cina a portata di mano. E ‘destinata a diventare un porto per gli Stati Uniti, portaerei della marina e cacciatorpediniere Aegis dotati di SM-3 missili intercettori come parte di un crescente sistema globale di difesa antimissile degli Stati Uniti. La crescita del sistema missilistico di difesa rischia di esaltare le tensioni internazionali, come si vede questo per permettere agli Stati Uniti di lanciare un first strike senza paura di ritorsioni e potrebbe scatenare una nuova corsa globale agli armamenti.

Da http://lanarchista.wordpress.com/category/home/

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