Alla ricerca del partito perduto…

Luca Telese, in un articolo su Il Fatto Quotidiano del 29 maggio, parla di un prossimo incontro tra gruppo dirigente della FIOM con i partiti del centro-sinistra e di incontri precedenti riguardanti la possibile nascita di un nuovo soggetto politico (o partito che dir si voglia).
Potrebbe trattarsi di una bufala, ma se ci fosse qualcosa di vero sul tentativo di costituire il “partito della Fiom” si tratterebbe di un preciso sintomo della “crisi” della politica tradizionale e, segnatamente, delle difficoltà della sinistra. Meritevole, in ogni caso, di riflessioni non superficiali.
Riportiamo nel seguito l’articolo di Telese e alcune chiose che Cosimo Scarinzi gli dedica e che ha postato su FB.

Il partito della FIOM
La Fiom si mette a fare politica? Condiziona la politica? Le chiede di cambiare rotta? Si candida a commissariare la politica sui temi del lavoro? Si candida e basta? Da domani, c’è da giurarci, anche questa variabile entrerà come una bomba nel dibattito politico del paese aggiungendo un nodo di complessità (ma anche di ricchezza) alla tessitura del nuovo centrosinistra. Da domani, c’è da giurarci, se ne discuterà, se non altro perché – dopo un dibattito approfondito – il sindacato di Maurizio Landini ha deciso di rompere gli indugi e di muovere un primo passo che (consapevolmente) potrebbe fargli piovere sulla testa una grandinata di polemiche, ma che, ancora una volta, accenderà l’attenzione sui metalmeccanici della Cgil e sulle loro battaglie. STA DI FATTO che da domani comincia il conto alla rovescia per un appuntamento che nell’ultimo mese è stato preparato da una serie di incontri riservati con tutti i principali leader di partito del centrosinistra, di cui – quasi incredibilmente – fino ad oggi non erano trapelate né la notizia né il contenuto. Sta di fatto che, il 9 giugno, a Roma, il gruppo dirigente della Fiom ha convocato a Roma Pierluigi Bersani, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola, i movimenti, i sindaci progressisti. Non sarà una passeggiata per nessuno. E il dato clamoroso è che se non ottenesse quello che chiede, una parte del gruppo dirigente non esclude di promuovere un cartello elettorale. Così, per capire quale sia la posta in palio bisogna tornare all’ultimo comitato centrale del sindacatone rosso, meno di un mese fa, quando Giorgio Airaudo, il numero due della Fiom costruisce uno slogan che riassume mesi di discussioni: “In questi anni abbiamo fatto una battaglia per difendere i diritti, e per questo sempre inseguiti dall’accusa di fare politica. Da oggi in poi, visto che le nostre battaglie non hanno trovato sponda – dice – dobbiamo puntare a inserire i diritti e il lavoro nell’agenda della politica. Dobbiamo fare politica, quindi, a viso aperto, perché il sindacato e i lavoratori non restino più soli”. Anche chi non conosce il lessico sindacalese si può rendere conto che il teorema Airaudo apre una strada a una piccola rivoluzione. Ma il fatto che nel parlamentino delle tute blu della Cgil nessuno quel giorno sollevi delle critiche, rende l’idea di quanto questa svolta sia maturata in profondità nell’ultimo anno. Lo scenario è quello delle battaglie legali, dei referendum nelle fabbriche, delle sentenze dei giudici disattese dalla Fiat, nel disinteresse pressoché generale dei dirigenti del centrosinistra. “Dobbiamo riscrivere la lista delle priorità – ama ripetere Landini – e i primi due punti più importanti si chiamano lavoro e diritti”. Insomma, un mantra. Quel giorno, nel comitato centrale non c’è più nemmeno Fausto Durante, leader dell’ala “Camussiana” della Fiom, la destra interna appena assurto ad un nuovo incarico confederale. Ma nessuno dei suoi eredi solleva dubbi. Anche quelli abituati al gioco delle parti fra il gatto e la volpe, a cui Landini e Airaudo si sono specializzati in questi anni, restano stupiti quando Landini conclude dando la linea: “Dobbiamo costruire una iniziativa forte attorno alla Fiom che abbia un peso sulla politica”. Come, e in che modo? In realtà, dal referendum Fiat fino al convegno di Monte Silvano Landini si sta arrovellando intorno a questa domanda. La prima formula a cui la Fiom ha pensato è quella di un “Patto su lavoro e diritti” da proporre a tutti i candidati del centrosinistra nessuno escluso. Una sorta di bollino di garanzia certificato dal sindacato, o – se volete un modello – un remake sociale di quello che fu il patto Segni nel 1993. Al posto dei vincoli sulla riforma elettorale, la Fiom vuole organizzare un impegno su questi temi: 1) La riscrittura della riforma previdenziale sui lavori usuranti e sul riconoscimento differenziato della fatica del lavoro 2) Un pacchetto di leggi per il riconoscimento della democrazia sindacale 3) Una legge sui precari 4) La modulazione di un salario di cittadinanza 5) Un impegno del governo a sostenere un piano strategico sulle politiche industriali. LA PRIMA NOTIZIA è che nessuno dei leader ha rifiutato l’invito o ha pronunciato un ‘ no ’ preliminare. Anzi, il leader che potrebbe avere qualche problema alla sua “ala destra”, a sottoscrivere il patto – Bersani – non ha chiuso nessuna porta. Anzi, ha detto: “Ci sarò”. La seconda è che la sortita Vendola-Di Pietro con l’ultimatum al Pd forse avviene anche perché in questo scenario complesso sono molti i protagonisti che si muovono. Non è un caso che Landini e Airaudo abbiano incontrato anche il gruppo dei professori de l’Alba (la Fiom era presente all’assemblea fondativa con il suo numero due) e il gruppo di MicroMega di Flores D’Arcais. L’incontro con Vendola, fra l’altro è avvenuto subito dopo il primo turno delle elezioni francesi. Dove gli uomini della Fiom hanno osservato con molta attenzione il risultato di Jean Luc Melenchon, che con il suo Front de Gauche ha ottenuto un risulto a due cifre (federando tutte le sinistre radicali) e riuscendo nel risultato politico, per loro ancora più importante, di spostare “a sinistra” il baricentro della campagna di Francois Hollande. Infine il rischio: con questa iniziativa la Fiom bypassa anche la Cgil della Camusso. Un leader storico delle tute blu come Gianni Rinaldini, ascoltatissimo padre politico di Landini, non nasconde la sua visione, molto critica sulle scelte di corso Italia: “La Cgil avrà motivo per interrogarsi sui suoi rapporti di subalternità ai partiti. Vedo grande agitazione e slogan – osserva l’ex numero uno della Fiom – ma un sindacato che alla fine ratifica le mediazioni della maggioranza”. Anche Rinaldini sogna un ruolo propositivo: “Nel mondo dove la sinistra funziona i sindacati fanno questo: pensate al Brasile, dove nel Pt questo schema ha funzionato, eccome”. Già. Perché nella Fiom, e nei movimenti che ha aggregato, sono molti a credere che Landini possa essere un nuovo Lula. Magari anche nelle prossime elezioni.

Luca Telese
(Il Fatto Quotidiano – 29 maggio 2012)

“- La crescita nel corso delle ultime elezioni contemporaneamente dell’astensione e del consenso ad una lista apparentemente “fai da te” (in realtà non è così, anzi, ma questo è un altro discorso) eccita timori, speranze, desideri di potenziali salvatori se non della patria quantomeno della sinistra;

– La FIOM, nonostante i peana degli intellettuali progressisti e di sinistra che leggono “Il manifesto” sorseggiando cedrata di qualche marca sponsorizzata da Eataly, sul suo terreno specifico è in seria difficoltà. Fiat e Federmeccanica la bastonano quando e come vogliono, la CGIL la sostiene come una corda sostiene l’impiccato, lotte degne di questo nome, non per sua colpa o non solo per sua colpa, non è in grado di metterne in piedi visti gli attuali tempi cupi per la classe.

La discesa in campo sul terreno elettorale sarebbe, insomma, un tentativo di spostare le contraddizioni dal terreno della debolezza – i rapporti sociali di produzione – ad un ambito se non più favorevole almeno più confortevole come è quello delle assemblee e elettive.
Va da sé che le reazioni dei sinistrignaccoli non sono omogenee. Ne possiamo individuare di tre tipi:
– “disponibilità al confronto” e sguardo limpido e serio da parte dell’azionista di maggioranza, il PD, che non vuole lasciare scoperto il fianco sinistro soprattutto da quando l’ipotesi “red and white” sulla quale ha a lungo delirato il mai troppo lodato Massimo D’Alema sembra scomparsa, come si diceva una volta, nei cieli d’Albania;
– Applausi e congratulazione da parte dei due restanti pezzi dell’alleanza di Vasto, SEL e IdV, che, va da sé, sperano nell’incrociatore FIOM per ridurre a più miti consigli la riottosa corrazzata del PD;
– Accensione di ceri nella Cattedrale dell’Aurora e preci infuocate da parte di PRC e PdCI che solo protetti dall’usbergo di Landini possono sperare di rientrare nel campo della sinistra che pesa, decide e conta (sul cosa conti non mi dilungo, è noto ai più …).
Insomma la sinistra politica ha un nuovo argomento di conversazione, possiamo immaginare gli stanchi superstiti del ’68 che progettano, pianificano, complottano ed è, a ben vedere, bene che abbiano qualcosa da fare per riempire le tristi giornate della loro senescenza.

A questo punto però una domanda viene spontanea, ma alla working class?
Visto che la risposta è sin troppo evidente, provo a formularla in maniera diversa. Fatto salvo che l’impegno elettorale potrebbe garantire ad un certo numero di dirigenti sindacali l’opportunità di seguire le orme di diversi illustri predecessori, cosa ne guadagnerebbe il movimento dei lavoratori?
A meno di non supporre che il vero obiettivo sia quello di levare di mezzo dalla gerarchia formale del sindacato un certo numero di figure apicali per accelerare la carriera della seconda fila, direi assai poco se non nulla. Certamente nulla, ma l’ho già lasciato intendere, la nostra classe”

Cosimo Scarinzi (postato su FB il 31/5/2012)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *