Occupy SsangYong

25 gennaio 2013 Manhnattan, China Town.

Oggi mi trovo alla riunione tra coreani e simpatizzanti, per analizzare l’ occupazione iniziata nel 2009 nelle fabbriche della compagnia internazionale Ssangyong Motors.

La repubblica Koreana ha una forza economica non da sottovalutare nel quadro internazionale, è salita fino alla decima potenza mondiale negli ultimi anni, per questo possiamo dire che la Korea è una nazione avanzata economicamente,  ma solo se escludiamo il trattamento che sta usando per i suoi lavoratori  che mi lascia pensare a molte altre lotte da fronteggiare.

Il problema dei sindacati, ma soprattutto per i lavoratori, è stata l’ ingiustizia del capitalismo moderno, che ha spinto 22 persone a togliersi la vita negli ultimi 3 anni. Tra questi sono in molti che hanno deciso di suicidarsi, l’estremo trauma avvenuto nei giorni di occupazione ha portato a scontri con la polizia e tentativi di dialogo con la dirigenza, ma nelle 77  notti  passate difendendo il  futuro è l’amarezza che rimane per il lungo periodo senza contratto alle pressioni inumane, in cui sono stati costretti a lavorare. Per questi motivi i sopravvissuti chiamano il loro licenziamento “social murder”, omicidio sociale, la chiusura delle trattative in nome della riscrizione dei contratti di lavoro per il rinnovamento dell’ azienda ha lasciato a casa molta gente. Quello che rimane sopratutto è il ricordo dell impegno non mantenuto, fatto dai manager della compagnia nei confronti di 450 lavoratori, che dovevano essere riassunti dopo un anno senza pagamenti e volontariato. Il governo coreano non ha preso le difese di chi porta avanti l’ economia nazionale, lasciando i lavoratori in balia della polizia feroce e brutale nei confronti di chi lavora onestamente, nella speranza di una vita dignitosa.

la manifestazione e gli occupanti sui tralicci

Oggi sono rimasti in pochi ad occupare una parte della fabbrica, in tre persone sono accampate sui tralicci ad alta tensione, con delle tende e il sostegno degli amici che portano loro cibo e speranza da più di due mesi. “Non c’e’ altra scelta”, dicono, “gli altri occupanti sono stati tutti iscritti alla lista nera e per loro non c’e’ possibilita’ di trovare un lavoro all’ altezza delle loro capacita’”. Dopo i feriti e i morti, l’azienda e’ stata smantellata in parte per spostare il lavoro in Cina dove la mano d’opera e’ a basso costo, la dirigenza e’ passata nelle mani della vicina India, e agli operai coreani non resta che prendere decisioni difficili.

Durante le manifestazioni contro i licenziamenti, la dirigenza  ha organizzato una contro-manifestazione, usando gli operai ancora con un contratto di lavoro per fronteggiare i colleghi dall’altra parte, in lista per il licenziamento. Uno di questi primi, dopo le manifestazioni, per il senso di colpa e per aver abbandonato la lotta per i diritti del lavoratore, sentendosi costretto come gli altri alla contro-manifestazione, al ritorno a casa, per il senso di vergogna si e’ tolto la vita, diventando il primo dei 22 suicidi avvenuti in questi 3 anni.

Linciaggio della polizia visto dalle telecamere di una emittente televisiva Koreana

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Fonte: http://lanarchista.wordpress.com/2013/01/25/occupy-ssangyong/

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