A Bitonto, in Puglia, è tornato il 1° Maggio: come sempre, in piazza, una manifestazione indetta dai lavoratori, coi lavoratori che danno una mano a spostare i tavoli, a versare dalle damigiane nelle bottiglie, a cucinare le focacce, a preparare le torte, a mettere in bella vista un cartellone con su spiegata la storia della rivolta di Haymarket, a costruire il palco, montare aste e microfoni, presentare l’evento, suonare, leggere le dichiarazioni dei Martiri di Chicago e le parole di Pietro Gori, mettere musica. Una musica che è l’unica a riempire la piazza, anche perché col primo caldo, e di questi tempi, di gente non ce n’è tanta. Da un bel po’ di anni, il giorno del 1° Maggio, partono molti pullman da tutte le regioni d’Italia, carichi di giovani e meno giovani, che vanno ad ubriacarsi di folla e spettacolo a Roma, al concertone del 1° Maggio. Un concertone fine a sé stesso, svuotato di contenuti, palco autoreferenziale da quattro soldi (ma dai molti investimenti) per i sindacati e i loro galoppini. Un concertone voluto dalla sinistra negli anni ’90, col preciso intento di cancellare la memoria del 1° Maggio, distruggerne il significato profondo che aveva per le comunità locali (quando questa festa era un momento di ri-presa di coscienza sul ruolo sociale storico della classe lavoratrice nell’emancipazione di tutta la comunità). Un altro tassello nel processo di controllo sociale totale che si sarebbe affinato negli anni successivi, in altre forme, ma conservandone la sostanza: riempire, occupare, colonizzare tutta la vita, inglobare, gonfiare tutto fino a rarefare i contenuti, le parole, i significati, perdendoli nella rappresentazione della realtà che è solo una bugia continuamente riproposta come verità-spettacolo.
Ha un senso, questo 1° Maggio a Bitonto. Ha senso il ritorno alla storia, ad un filo che non si perde, nelle parole di Gino Ancona che dal palco ricorda le parole di suo nonno, anarchico sincero: “Carichijscete de rasciaun, e fa sempre la figure d’u segnaur”, e cioè càricati di ragione, di argomenti validi, di sapere scientifico, e fai sempre la figura del signore, comportati conservando in ogni situazione la tua dignità (l’esatto contrario dell’attuale deriva dell’ignoranza come forma sociale imposta, in cui ci si piega alle cose peggiori, ogni orrore viene accettato, senza sapere chi e cosa si sia). Ha senso il confronto su come impostare una nuova libera educazione, su quali ruoli ricoprire e quali strade intraprendere, da soli o meglio insieme, per non lasciare che la pressa meccanica di un sistema scolastico prenda i nostri figli e cloni altri individui innocui e proni al potere, inclini e arrendevoli alla barbarie standard. Ha senso fare festa, ha senso cantare canzoni che hanno un senso, e non immondizia musicale, incontrare persone che non si conoscono e starci a parlare, o in silenzio, come se le conoscessi da sempre, perché se sono lì in piazza al 1° Maggio, un motivo (bello e profondo) ci sarà, e il bello è che questa cosa è vissuta con un sorriso, è sentita, è un pezzo di vita migliore, è nell’aria, si sente, si taglia col coltello, come la squisita torta al limone. Ognuno, in questa piazza, ha di nuovo un nome, e una storia condivisa. Hanno senso le parole di Stefania Bove e di Mauro Leuce, che dal microfono, entrano facendo “rumore” e chiarezza nel silenzio e nel buio troppo lungo delle nostre coscienze. Ha senso il lavoro fatto da Teodora Mastrototaro e Gianluigi Carbonara di Marluna Teatro, e quello di Radio Pandora con Carlo Cantatore. Hanno avuto senso gli acuti di Marianna Campanile che, con più forza, hanno fatto vibrare le corde della mia chitarra e della mia voce. Ha avuto senso uscire dal web e lo stare, finalmente, in piazza.
1° Maggio a Bitonto, questi sono solo i primi caldi, poi verrà una nuova stagione.
Andrea Bitonto, 4 maggio 2013






