Case del popolo, case di tutti,
è il titolo della coedizione fra due pezzi del Movimento Anarchico Fiorentino (Collettivo Libertario Fiorentino e Centro Studi Storici della Val di Pesa). Nel volume, Gino Biondo del CLF, spiega le Ragioni della ricerca che sono essenzialmente individuabili nel percorso che dalle SMS porterà alle CdP e del “diritto di cittadinanza” che gli ultimi, gli anticlericali, gli oppositori, vi trovavano prima che le CdP perdessero via via i caratteri fondanti. I successivi passaggi, storicamente privi dei connotati Otto-Novecenteschi, conferirono alle neonate CdP dimensioni differenti e spesso osteggiarono o semplicemente banalizzarono lo spirito originario. Inoltre, da plurale, il contesto assunse specificità legate in gran parte al PCI e marginalmente al PSI, escludendo di fatto tutti coloro che non si riconoscevano in questi partiti, e trasformando sempre di più le CdP in locali pubblici troppo simili a locali commerciali privi di autonoma identità. Nel cercare di comprendere la parabola di queste strutture si è teso inoltre a verificare se ci sono sviluppi o trasformazioni di quei contesti nel senso del recupero ancorché parziale di quella eredità.
Io, con Le CdP fra globale e locale, effettuo a volo d’uccello, una breve indagine che dalla maison du peuple di V. Hortà a Bruxelles, commissionata dal Partito Operaio del Lavoro alla Casa del Popolo di Cerbaia in Val di Pesa, mio paese d’origine, cerco di leggere il percorso di autocostruzione e di autoformazione che ha visto la classe operaia in senso lato, protagonista e attrice principale, dove la componente anarchica è stata parte attiva, almeno nella prima parte della loro storia. Nel saggio si sfiora la storia della prima CdP italiana, quella di Massenzatico, a Reggio Emilia, del 1893, del rapporto con Prampolini e suo tramite con Camillo Berneri. Ma anche dell’esperienza resistenziale del sobborgo del pordenonese di la Torre che oppose con forza alle aggressioni del maggio 1921, la forza e la coesione sorte e sviluppate proprio attorno alla Casa del Popolo che non a caso di li a poco sarà incubatrice del Movimento unitario antifascista degli Arditi del Popolo, vera e unica forma di resistenza al fascismo delle origini. Non sarà poi un caso che uno degli animatori finirà miliziano nelle Brigate internazionali in Spagna nel ’37. Nell’impegno che ci eravamo assunti però, l’area su cui centravamo l’attenzione era quella fiorentino-toscana, discostandosi, per inquadramenti generali o aspetti specifici, verso altre aree. Tornando quindi verso Firenze si è puntata l’attenzione sui caratteri e gli orientamenti delle locali CdP, consci che specie alle origini, potremmo dire che quasi ogni Casa è un caso a se. Casi diversissimi per provenienza dei fondatori e dei soci, per attività attitudine, tendenza. Spesso nel definire CdP sottintendiamo SMS, Corali, filarmoniche, Società Assistenziali, Reciproco soccorso, di consumo o con ulteriori specifiche definizioni che attingono e attengono al periodo garibaldino e risorgimentale e laico in senso lato. Quando si giunge alla cesura storica del fascismo con le distruzioni e requisizioni degli spazi, le strutture in esercizio sono numerosissime, ad esempio in provincia di Firenze se ne contano 75 e nell’Italia intera al 31 dicembre 1924 esistevano ancora 2.130 mutue riconosciute e 3.589 non riconosciute. L’anno seguente il fascismo sciolse anche la Federazione italiana delle SMS, già in precedenza ammorbidita e regimentata.
Una diffusione enorme e conseguentemente un pericolo equivalente per il fascismo. Giorgio Sacchetti ed in specie Marco Rossi, ne danno ampio resoconto nel volume che presentiamo.
Centro-nord come area privilegiata allo sviluppo di queste realtà, ma anche nel sud gli esempi non sono rari. E in queste strutture, fino alla fine degli anni Cinquanta, l’accoglienza alle differenti anime del movimento operaio, è spesso garantita. Per quanto riguarda gli anarchici, ho voluto evidenziare proprio questo aspetto, e cioè la disponibilità all’ospitalità, anche se ormai “da esterni”, perché quando raramente vengono restituite, non sempre i destinatari coincidono con gli espropriati dal fascismo. Il libro accenna anche alla questione relativa ai suoli, alla perdita dei diritti, alla riconsegna a strutture “terze”, insomma ad un nuovo esproprio. Nella cura del volume ci siamo avvalsi di storici e appassionati che puntualmente hanno esaminato singole parti del piano dell’opera.
Leonardo Palli che è il responsabile dell’Archivio Storico ARCI di Firenze, con Le Origini. Breve storia delle SMS, delle Case del Popolo e dei Circoli dell’Arci prima dell’Arci, indaga le motivazioni e le ragioni, fra cultura marxista ed anarchismo, della nascita delle SMS e quindi degli sviluppi in alcuni specifici contesti fiorentini. Palli nella sua analisi intercetta e racconta alcune delle principali SMS fiorentine di fine Ottocento come Antella, Peretola, Ricorboli.
Marco Rossi, storico, particolarmente attento al primo antifascismo di matrice anarchica (Arditismo), con Le case del popolo nella tempesta fascista, esamina in maniera meticolosa l’aggressione alle SMS e CdP durante quello che un tempo veniva definito “biennio nero”. Il testo da conto in modo puntuale delle distruzioni, degli incendi, delle devastazioni. La ricerca è meticolosa, con data, luogo e caratteri principali dell’aggressione. Si tratta di una analisi su base nazionale dalla quale emerge anche una sorta di bilancio territoriale, e di percorso, quasi come avverrà con la liberazione, da sud verso nord., ma anche dipendente dalla quantità esistente di strutture (quindi Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Nord-est, Umbria, Veneto, Lombardia) e dalla presenza di squadristi, che vede la Toscana fra i luoghi più densamente popolati. Se nel ’21 sarà maggiormente colpito il centro Italia, nel 1922 toccherà al centro-nord (Massa Lombarda, Trino Vercellese, Torricella e tanti altri luoghi) Il 5 agosto sarà la CdP di Binasco ad essere devastata, 8 ottobre, Arluno, a metà novembre Abbiategrasso.
Giorgio Sacchetti, storico dell’Univ. di Padova e Trieste con Guerra Civile e sociabilità operaia nel Valdarno minerario (1919-1921), concentra la propria analisi in un ambito specifico e locale che si riverbera e investe la società intera, in parallelo alla fascistizzazione dell’Italia. Nelle conquiste operaie e sindacali in ambito minerario, le Case del Popolo hanno un ruolo attivo, come quella di San Giovanni Valdarno che funge da quartiere generale del movimento. Nella sua analisi, così come immaginavamo nel progetto di libro, Sacchetti verifica i rapporti di forza dell’associazionismo (CdP e sindacato CGL e USI) e l’organico fascista, coi suoi datori di lavoro (industriali dell’estrazione, agrari, banche). Emerge il contributo fondamentale che le CdP hanno offerto alla lotta antifascista ed all’avanzamento delle condizioni di lavoro in particolare dei minatori.
Sergio Mechi del CLF, vero ispiratore del volume, evoca nel titolo, Sono nato alla Casa del Popolo, la propria biografia, attraverso la quale racconta stati d’animo, rapporti, problemi, all’interno di una CdP di Firenze sud. Essendo presente, se ha voglia, può raccontare direttamente. Ma anche lì sarà una SMS ovvero una “corale” a dare avvio alla storia di questa CdP. Ne definisce i contorni e l’ambiente che ha vissuto da ragazzo e poi adulto, non rinunciando a partecipare al Consiglio della Casa del Popolo. Con Mechi si entra nella storia recente, nel Secondo dopoguerra con i “giochi” già fatti da parte delle componenti principali del Movimento operaio e conseguentemente con gli attriti, non solo generazionali, all’interno di queste strutture.
Massimo Carrai, storico che si è più volte interessato di CdP, ha donato un suo studio, dal quale viene estratta una delle questioni cardine della fortuna e della crisi di questo particolare associazionismo, L’egemonia del PCI, nei furibondi anni Cinquanta. E’ una sorta di ideale continuazione, ma in parallelo, di lettura delle ragioni del malessere raccontato da Mechi. Come si è accennato, molte case non c’erano più, altre mutarono destinazione, anche in maniera particolarmente violenta (divenendo stazioni di carabinieri o asili religiosi) altre ancora furono assegnate a chi non ne aveva titolo. Ma anche nei casi di riconsegna “vicina” alle origini, il passaggio non fu indolore. Il “privilegio” ottenuto dal PCI ha lasciato tracce evidenti ed incomprensioni insanabili.
Avviandoci alla fine del volume, partendo da Antonio Pedone, anarchico ora residente nel perugino, con La CdP del Diavolo e Pontevalleceppi, che del diavolo ha solo il nome derivante dal paese, e considerata l’avversione della Chiesa per le CdP, pare rispondere alla stessa, per le rime, ci introduce ad un capitolo collettaneo, inclusa una incursione nel web. Seguono alcuni estratti da internet che i curatori hanno ritenuto significativi: Jacopo Fo. La casa del Popolo torni al popolo e AA.VV. Altre Case, altri casi, in particolare del nord Italia, dalla Svizzera italiana, al Friuli.
Infine ma non ultimo, bensì come nuovo inizio, Dino Taddei con Nebbia, o scighera, in Val Padana. Con passione Dino racconta e fa intravedere una nuova vita delle CdP. Il caso milanese assurge a paradigma e diventa motivo di speranza, una sorta di atteggiamento positivista come quello che mosse le prime Società di Mutuo Soccorso che nell’associazionismo laico colsero le ragioni di emancipazione sociale, rispondendo almeno in parte alla domanda iniziale posta da questo lavoro: Le CdP hanno un futuro? Ce lo racconta Taddei nell’esperienza del Circolo ARCI Scighera di Milano.
Un sintetico Inserto fotografico con tavole fuori testo, illustra il lavoro, in gran parte dedicato alle distruzioni fasciste
Alberto Ciampi
__________ Informazioni da ESET NOD32 Antivirus, versione del database delle firme digitali 6879 (20120213) __________
Il messaggio è stato controllato da ESET NOD32 Antivirus.
www.nod32.it